La filaria è un parassita che penetra nell’organismo del nostro animale attraverso un piccolo vettore: la zanzara. La patologia causata dalla filaria è chiamata filariosi.
PARLIAMO DI
Che cos’è la filaria e la filariosi?
La filaria può essere veicolata sia dalla zanzara comune sia dalla zanzara tigre: tramite la puntura, la zanzara prima si infetta e poi inocula il parassita a un cane sano. Nonostante possa colpire anche il gatto, i cani sono gli ospiti definitivi preferenziali.
Dal momento che il vettore è la zanzara, le zone più a rischio sono quelle dove c’è una maggiore diffusione di questi insetti: si diffonde nel periodo da aprile a ottobre ma, dato che dal contagio il parassita ha bisogno di crescere prima di dare segni di sé, la filariosi può rimanere silente anche per molti mesi. Quindi, se anche il contagio avviene in primavera/estate, i sintomi possono manifestarsi in autunno/inverno.
La filariosi cardiopolmonare nel cane
La filariosi cardiopolmonare è una patologia presente in tutto il mondo, ma è particolarmente frequente in quelle zone dove le zanzare sono maggiormente diffuse.
A livello statistico, la filariosi è particolarmente diffusa nel Nord Italia, soprattutto nella Pianura Padana ma, di fatto, ormai è endemica in tutta Italia.
La filariosi è causata dalla Dirofilaria Immittis, un verme tondo che viene inoculato in forma larvale nei nostri animali domestici da numerose specie di zanzare (almeno 60 in tutto il mondo) durante la puntura e il successivo pasto di sangue.
Anche l’uomo può essere colpito da una forma di filariosi trasmessa dalla Dirofilaria Repens, che genera una forma di infezione sottocutanea, meno diffusa in Italia. L’uomo non può infettarsi con la forma di filariosi cardiopolmonare, specifica degli animali, e soprattutto non può infettarsi dal proprio cane se malato.
Come si trasmette la filaria e la filariosi nel cane
La filaria si trasmette da un soggetto malato a uno sano attraverso la puntura della zanzara.
La zanzara punge e fa il suo pasto di sangue da un soggetto malato, ingerendo le microfilarie liberate dalle femmine gravide del parassita. Le microfilarie sono dei microscopici vermetti, non visibili a occhio nudo, che si trovano nel sangue periferico.
Una volta che le microfilarie sono nella zanzara, maturano, cominciano a svilupparsi e a raggiungere i successivi stati larvali.
La zanzara, pungendo un soggetto sano, trasmette il parassita attraverso la propria saliva.
A questo punto, anche l’animale sano è infetto: nell’ospite, le larve di filaria cominciano a spostarsi verso l’organo target e iniziano il loro processo di crescita. Le filarie saranno adulte in circa 180 giorni.
Le larve si localizzano nel ventricolo destro e nell’arteria polmonare, raggiungendo fino a 17 centimetri di lunghezza per i maschi e 30 centimetri per le femmine. Una volta adulto, il parassita comincia a generare nuove microlarve, e il processo infettivo riparte da capo.
Il periodo di infestazione
Come abbiamo già accennato, perché la Dirofilaria sia infestante, ossia trasmissibile dalle zanzare, devono esserci opportune condizioni di temperatura e umidità affinché gli insetti sopravvivano e le microlarve comincino il primo stato di maturazione.
In alcune specie di zanzare, le Dirofilarie cessano la maturazione a temperature inferiori ai 14°: per questo motivo la filaria viene considerata un parassita “estivo”.
Tuttavia, l’insistenza di temperature miti precoci in primavera e tardive in autunno, ha allargato il periodo di contagio da aprile a novembre inoltrato.
La filariosi nel cane: sintomi
Se parliamo della forma sottocutanea, più rara, spesso è completamente asintomatica. Possono comparire noduli che, talvolta, degenerano in pustole, dermatiti e ulcere cutanee.
La forma cardiopolmonare, invece, è particolarmente ostica, anche perché ha come organi bersaglio una zona particolarmente delicata: cuore e polmoni.
Innanzitutto, la filariosi ha un decorso molto lento, motivato dal tempo di sviluppo delle larve. La gravità della patologia dipende dal numero e dalla dimensione si parassiti che si localizza nel circolo polmonare, dalla loro capacità di allargarsi al lato destro del cuore, dalla durata dell’infestazione e dalla risposta organica dell’animale al parassita.
Come è facile intuire, il danno che le filarie portano al cuore e ai polmoni dell’animale è duplice: da una parte c’è un danno meccanico diretto dato dalla presenza fisica delle larve, dall’altra c’è un danno indiretto, attraverso la liberazione di sostanze infiammatorie che causano polmoniti, arteriti, vasocostrizione e fibrosi vascolare.
Dato che l’infestazione cresce con il tempo e con la maturazione delle filarie, i sintomi sono degenerativi e cronici, pur variando da animale ad animale.
All’inizio la maggior parte dei soggetti è asintomatico o paucisintomatico: nella fase iniziale compaiono di solito tosse saltuaria e maggiore affaticabilità.
Nella fase successiva si manifestano dimagrimento progressivo, tosse molto forte, difficoltà respiratorie che si aggravano sempre più, intolleranza allo sforzo, ascite (liquido in addome), insufficienza cardiaca, svenimenti, ipertesione e edemi periferici.
Talvolta, capita che ci siano anche sintomi acuti che insorgono improvvisamente, come tromboembolie dovute alla morte dei vermi (semplificando, un verme morto spontaneamente viene portato dal circolo sanguigno fino a un organo del corpo, dove si deposita e provoca un’ischemia di quella zona). Questo evento avrà sintomi diversi a seconda dell’organo colpito. Dato che spesso è a carico del polmone, si verificherà una difficoltà respiratoria acuta (dispnea) con frequente sangue dal naso (emottisi). Gli esiti sono spesso fatali.
La diagnosi di filariosi
La diagnosi avviene attraverso il test sul sangue, che può essere di due tipi: la ricerca delle microfilarie in circolo e quella degli antigeni delle femmine adulte.
Fonte: www.microbiologiaitalia.itPer quanto riguarda la ricerca delle microfilarie, il test è di facile esecuzione ma ha un margine di errore: esiste un 30% di casi che presenta vermi adulti senza microfilarie in circolo. Inoltre, non è possibile mettere in correlazione il numero di microfilarie con il numero di filarie adulte.
Per evidenziare la presenza di filarie adulte, è necessario procedere con la ricerca degli antigeni delle femmine adulte. Tali test hanno una buona affidabilità, ma risultano positivi solo dopo 6-8 mesi dall’avvenuta infestazione.
Dopo l’esame sul sangue, vengono richiesti anche una radiorafia del torace e un ecocardio per valutare lo stato della patologia e iniziare la terapia d’attacco ideale.
Filariosi: la cura
La cura della filariosi cardiopolmonare punta a migliorare la condizione clinica del paziente, eliminando tutti gli stati vitali del parassita.
L’animale che presenta sintomi clinici gravi deve prima essere stabilizzato (con l’ausilio di corticosteroidi, vasodilatatori e diuretici), poi si procede con la terapia adulticida, per rimuovere le filarie adulte. La terapia d’elezione è la melarsomina cloridrato, che ha come complicanza principale lo sviluppo di tromboembolie polmonari, date dalla frammentazione delle filarie adulte morte e il conseguente blocco del flusso di sangue nei vasi dei polmoni. Per questo motivo, spesso si decide di procedere al ricovero prima di intraprendere questa terapia.
Per l‘eliminazione delle microfilarie, si procede con l’utilizzo di lattoni macrociclici nei due mesi precedenti all’inizio della terapia adulticida.
La filariosi presenta quattro diversi stati clinici: mentre nei primi due il quadro clinico risulta lieve e spesso reversibile, negli ultimi due le alterazioni sono permanenti, spesso con esito nefasto.
La prevenzione della filaria
La filariosi è una di quelle patologie molto più semplice da prevenire che da curare.
Tramite degli specifici farmaci, da somministrare da giugno a novembre, si riesce a eliminare le filarie prima che possano fare danni.
I farmaci attualmente efficaci contro le filarie sono i cosiddetti lattoni macrociclici: ivermectina, milbemicina ossima, moxidectina, selamectina. Questi farmaci devono essere somministrati mensilmente, nella formulazione orale (pastiglie) o topica (spot on).
Esiste anche una formulazione di moxidectina a lento rilascio, che viene inoculata attraverso un’iniezione sottocutanea. Erroneamente questa formulazione viene considerata dai proprietari un vaccino ma non lo è: la sua funzione è sempre quella di uccidere le forme larvali del parassita, prima che possano trasformarsi nelle forme adulte.
Prima di iniziare la profilassi è bene eseguire il test negli adulti che non hanno mai eseguito una profilassi o che non l’abbiano fatta correttamente.
Anche per i soggetti correttamente trattati con la profilassi, è bene fare un test di verifica ogni tre anni.
Per informazioni e per pianificare la prevenzione delle parassitosi, contattaci per un appuntamento.